Dopo più di due anni dalla proposta di introduzione di una direttiva sulla due diligence in materia di sostenibilità aziendale, lo scorso aprile la Commissione Europea ha finalmente approvato la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), una direttiva con la quale si introduce la responsabilità legale per le aziende in relazione alle violazioni dei diritti umani e ambientali all’interno dell’intera supply chain.
La CSDDD (anche nota come CS3D), stabilisce uno standard di due diligence aziendale sulle tematiche relative alla sostenibilità per le imprese che operano nell’UE.
I nuovi requisiti di due diligence, però, non si applicano solo alle azioni dirette dell’azienda, ma anche alle sue filiali e a tutta la supply chain. Di conseguenza, le società con sede nell’UE, così come le società extra-UE che conducono un determinato livello di attività nell’UE, potrebbero diventare responsabili delle azioni dei loro fornitori.
Approfondiamo insieme, e cerchiamo di capire cos’è e cosa prevede la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD).
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Cos’è la CSDDD?
La Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD) è una direttiva proposta dalla Commissione Europea il 23 febbraio 2022, con l’obiettivo di promuovere un comportamento aziendale sostenibile e responsabile, ancorando i diritti umani e le considerazioni ambientali nelle operazioni e nella governance aziendale.
Come accennato nell’introduzione, la direttiva è stata approvata, dopo un iter tortuoso e lungo, lo scorso 24 aprile, quando il Parlamento Europeo ha adottato in plenaria il testo finale della direttiva.
Gli obiettivi di questa direttiva sono essenzialmente due:
- garantire che le imprese affrontino gli impatti negativi delle loro azioni, inclusi quelli nelle loro catene di valore sia all’interno che all’esterno dell’Europa;
- migliorare la protezione dei diritti umani, inclusi i diritti dei lavoratori, e promuovere un ambiente più sano per le generazioni presenti e future.
Per raggiungere questi obiettivi, la CSDDD prevede l’obbligo, per le aziende (non tutte, come vedremo), di
“identificare e, ove necessario, prevenire, porre fine o mitigare gli impatti negativi delle loro attività sui diritti umani, come il lavoro minorile e lo sfruttamento dei lavoratori, e sull’ambiente, ad esempio l’inquinamento e la perdita di biodiversità. (Fonte)”
Le aziende dovranno, inoltre, integrare la due diligence nelle loro politiche e nei sistemi di gestione del rischio, nonché adottare e attuare un piano di transizione che renda il loro modello di business compatibile con il limite di riscaldamento globale di 1,5°C previsto dall’Accordo di Parigi.
Questo piano di transizione dovrebbe includere:
- gli obiettivi aziendali relativi al cambiamento climatico;
- una scadenza temporale;
- le azioni chiave su come raggiungerli;
- una spiegazione, comprese le cifre, di quali investimenti sono necessari per attuare il piano.
La direttiva CSDDD rappresenta un passo importante verso un futuro più sostenibile assicurando che le aziende siano più consapevoli e responsabili delle loro azioni a livello globale.
Applicazione della direttiva CSDDD
Nella proposta iniziale la direttiva prevedeva un campo di applicazione più ampio rispetto a quello riportato nel testo finale approvato dal Parlamento, a causa di un lungo negoziato tra i vari Paesi membri.
Inizialmente, infatti, dovevano adeguarsi alla direttiva CSDDD:
- le aziende con oltre 500 dipendenti e un fatturato netto di oltre 150 milioni di euro in tutto il mondo;
- le aziende con oltre 250 dipendenti e un fatturato netto di oltre 40 milioni di euro in tutto il mondo, operanti in settori definiti ad alto impatto ambientale, ad es. tessile, agricoltura, estrazione di minerali.
Il testo definitivo, invece, prevede un’applicazione graduale, che riguarderà:
- le imprese con oltre 5.000 dipendenti e un fatturato superiore a 1.500 milioni di euro, a partire dal 2027;
- le imprese con oltre 3.000 dipendenti e un fatturato superiore a 900 milioni di euro, a partire dal 2028;
- tutte le altre imprese che rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva, ovvero quelle con oltre 1.000 dipendenti e un fatturato superiore a 450 milioni di euro, a partire dal 2029.
Ricordiamo che l’obbligo di adeguarsi alla direttiva riguarda non solo le imprese, ma anche i loro partner a monte, che lavorano nella progettazione, produzione, trasporto e fornitura, e a valle, compresi coloro i quali si occupano di distribuzione, trasporto e stoccaggio.
L’obiettivo è sempre lo stesso: regolamentare e vigilare su tutta la catena di valore.
Cosa succede in caso di inadempienza
Le aziende che non rispettano i loro obblighi di due diligence saranno ritenute responsabili e dovranno risarcire integralmente le vittime.
Dovranno, inoltre, adottare meccanismi di reclamo e impegnarsi con gli individui e le comunità colpiti negativamente dalle loro azioni.
Gli Stati membri designeranno un’autorità di vigilanza incaricata di monitorare, indagare e imporre sanzioni alle aziende che non si conformano, fino al 5% del fatturato netto mondiale delle imprese. Questi organismi collaboreranno tramite la rete europea delle autorità di vigilanza, istituita dalla Commissione.
Una volta approvata formalmente dal Consiglio, la direttiva entrerà in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea.